Elezioni 2022, considerazioni
Incredibile ma vero la legislatura 2013 dura 5 anni, quindi si va al voto nel 2013 con una legge elettorale nuova, la terza dal 1994.
Il Rosatellum, nome che deriva dall’ideatore, l’on. Ettore Rosato, all’epoca parlamentare e capogruppo del PD, passato in seguito ad Italia Viva ed attualmente deputato di Azione/Italia Viva.
Questo meccanismo prevede l’elezione di 232 deputati con il sistema uninominale, 486 con quello proporzionale e 12 all’estero, per il Senato stesse regole (116 uninominali, 193 proporzionali e 6 all’estero), vengono ideati, pertanto le circoscrizioni e le regioni sono divise in collegi uninominali e plurinominali, in questi ultimi i candidati devono essere di genere alternato.
Si introduce uno sbarramento nazionale al 3% per tutti, compreso il Senato, che quindi perde la sua peculiarità regionale, sono previste le coalizioni ma se una coalizzata prende meno dell’ 1% i suoi voti non confluiscono nella coalizione, inoltre è obbligatorio collegarsi in ogni collegio ad un candidato, non è previsto un voto disgiunto (come per le comunali) ed in voti dati al solo candidato uninominale vengono ripartiti proporzionalmente tra le liste collegate. Tutto molto semplice, vero?
Naturalmente un sistema così complesso richiede calcoli complicatissimi per capire chi è stato eletto e chi no, tenendo anche presente la possibilità di candidatura multipla, alcuni casi di elezione dubbia non si sono risolti entro i cinque anni.
La colazione più votata è quella ci centrodestra, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con L’Italia, che ottiene il 37%, questa volta il partito più votato è la Lega con 17,35%, segue il Movimento 5 Stelle con il 32,68% e poi la coalizione di centro sinistra con il 22,86%, dove però il solo PD (18,76%) supera lo sbarramento.
Entra in parlamento anche la lista di sinistra Liberi e Uguali che ottiene il 3,39%, fuori tutte le altre, complessivamente circa il 4% dell’elettorato, in gran parte formato da sostenitori di movimenti “estremi” da Potere la Popolo al Partito Comunista oppure Casa Pound e Forza Nuova/Fiamma Tricolore, si rivede anche il PRI che, triste fine per uno dei partiti storici, prende solo lo 0,06%.
L’ampia partecipazione è favorita dal numero non eccessivo di firme da raccogliere, 375 per ogni collegio plurinominale, inoltre molte liste, di fatto i partiti rappresentati, sono esenti.
Questo porta ad un interessante dibattito: mettiamo che la lista A debba raccogliere le firme, la legge prevede che sul modulo di raccolta siano indicati i candidati, compreso ovviamente il candidato uninominale, supponiamo che A sia alleato a B e C che, invece sono esenti, il giorno prima della presentazione delle liste B e C decidono, per qualsiasi motivo, di cambiare candidato, loro possono farlo in qualsiasi momento, anche il minuto prima della termine di presentazione perché sono esenti, invece A si trova con firme non valide perché raccolte su altro nominativo. Questo rende di fatto impossibile l’alleanza tra chi è esente e chi non è.
Il problema è stato sollevato dai Radicali che, bisogna dirlo, su questi argomenti sono preparatissimi ed attenti.
Con questi risultati ed abolito il premio di maggioranza si fatica a fare il governo,alla fine nasce una maggioranza M5S – Lega, in barba alle coalizioni ed al voto uninominale dato a candidati leghisti da elettori non leghisti.
Non dura molto perché in seguito la Lega rompe, pensando di andare ad elezioni anticipate, visto che nel 2019 alle europee prende il 34,26%.
Invece si forma un governo M5S, PD, LeU, quindi va all’opposizione tutta la coalizione che aveva vinto le elezioni nel 2018.
Non dura moltissimo neppure questo e si arriva al governo Draghi con dentro tutti tranne FdI e chi nel frattempo aveva lasciato il M5S.
Il 20 settembre 2020 26.050.227 elettori si recano alle urne per il REFERENDUM COSTITUZIONALE – RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI , circa il 70% vota SI , l’esito era piuttosto scontato, anzi fa piacere che 7.691.837 non ceda alle lusinghe del populismo e voti NO, in effetti la diminuzione dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 porta ad un risparmio minimo, se rapportato alla spesa pubblica nazionale.
I Collegi uninominali vengono quindi ridisegnati (si possono scaricare qui) e viene completamente stravolto il concetto di candidatura singolo nel collegio, infatti nel 1994 era stata venduta come la scelta di un rappresentante legato al territorio, ed in effetti con 475 collegi alla Camera un senso c’è nel 2022 i collegi uninominali alla Camera sono 144 più quello della Valle d’Aosta, al Senato 67 più uno in Valle d’Aosta e sei in Trentino Alto Adige, l’Italia è quindi suddivisa in collegi enormi, alcuni comprendenti più province, alcuni l’intera regione, quindi il rapporto candidato/territorio va a farsi benedire.
Le elezioni vengono indette in pieno luglio, i partiti non esenti dalla raccolta firme devono attrezzarsi per presentare le liste nel mese di agosto, un palese violazione del diritto di partecipazione, con i tempio stretti imposti tutti in “non allineati” corrono in solitaria, alla fine oltre il 6% dell’elettorato non ottiene rappresentanza, e l’unico exploit avviene a Messina dove sia al Senato che alla Camera nell’uninominale vincono i candidati di Sud chiama Nord, ma è significativo il fatto che i 266000 voti (13,11%) ottenuti in tutta la regione al Senato non fruttino un ulteriore eletto nel proporzionale, visto lo sbarramento nazionale al 3%.
Questa volta dalle urne esce un maggioranza la colazione di centrodestra ottiene il 43,79% e grazie all’affermazione in 121 collegi uninominali Camera ed in 59 al Senato ha la maggioranza in entrambe le Camere, questa volta il partito di gran lunga più votato nel cdx è Fratelli d’Italia (26,00%), va detto che in altre occasioni il centro destra, unito o diviso, aveva ottenuto percentuali superiori.
Ci vogliono giorni per capire chi sono gli eletti e qualcuno deve disfare le valige pronte per Roma, visto che la prima lista dei nuovi deputati viene poi modificata, anche con illustri recuperi.
In definitiva che giudizio dare?
Sintetizziamo:
Affluenza al voto : 63,91% (si commenta da sola)
Semplicità del sistema elettorale : non si direbbe.
Possibilità di scelta: minima, liste bloccate, no preferenza, non voto disgiunto.
Rappresentanza del territorio; nulla dopo la riduzione
Governabilità : non garantita
Facilità di partecipazione e diritto ad essere rappresentati: quasi nulla .
Insomma una legge che niente ha di positivo, assolutamente da cambiare.